"IF YOU EVEN DREAM OF BEATING ME, YOU'D BETTER WAKE UP AND APOLOGIZE", articolo su Fotografia e Sport, a partire dall'ultimo torneo Uefa EURO 2016, i giochi delle Paralimpiadi 2016 in Brasile (attraverso lo sguardo del fotografo brasiliano affetto da quasi totale cecità João Maia da Silva), fino ad omaggiare il più grande di tutti, Muhammad Ali, scomparso proprio questo Giugno. Articolo originale pubblicato sull'ICP Library Blog qui.                                                       

 

 SE PER CASO STAI SOGNANDO DI POTERMI BATTERE, è MEGLIO CHE TI SVEGLI E CHIEDI SCUSA*, o qualcosa circa il combattere contro l'Impossibile, la Resilienza e il Non arrendersi mai.

 

 Giunto quasi alla sua conclusione, il 2016 è stato un anno attraversato da tanti complessi e drammatici eventi: la guerra infinita in Syria e Iraq, il terrorismo in Europa e Asia, il continuo flusso di migliaia di migranti da Africa e Medio-Oriente, che a rischio della vita e fuggendo spesso dalla guerra, attraversano come possono il Mediterraneo e i Balcani, la Brexit, il ritorno dell'incubo nucleare nelle due Coree, il tentativo di Colpo di Stato in Turchia con tutto quello che ne è seguito, non menzionando conflitti già in corso in Africa o in Ukraina, o alcuni disastri naturali come i terremoti, gli ultimi in Nuova Zelanda o in Italia, o i più recenti tifoni, classificati adesso come 'super' per la loro stazza, in Taiwan o nelle Filippine.. o tutte le tensioni e anche veri e propri scontri, durante le elezioni presidenziali negli Stati Uniti.. la lista potrebbe continuare, ma se è vero che 'il mondo è inziato senza un uomo, e finirà senza di lui' (Claude Lèvi-Strauss), dovremmo avere ancora un po' di tempo per aggiustare le cose.     

 

 Ma anche alcuni importanti eventi di Sport hanno segnato quest'anno, e sono stati seguiti in tutto il pianeta, come il 15° Campionato Europeo di Calcio UEFA, dal 10 Giugno al 10 Luglio 2016, ospitato dalla Francia, o i Giochi della XXXI Olimpiade, le Olimpiadi Estive 2016 in Brasile, dal 5 al 21 Agosto. Ma anche uno dei più famosi sportivi di sempre, il Campione del Mondo dei Pesi Massimi Muhammad Ali, ci ha lasciati la notte dello scorso 5 Giugno, in Scottsdale, Arizona, USA.    

 

Euro2016                          

 Per la prima volta nella sua storia, la nazionale di calcio del Portogallo, imprevedibilmente, ha vinto l'ultima edizione della UEFA, e il suo primo riconoscimento internazionale. La Seleção è riuscita a realizzare il suo sogno nella maniera più rocambolesca, vincendo la finale proprio con i padroni di casa, arguibilmente i favoriti, ma anche iniziandola nel modo peggiore possibile, con Cristiano Ronaldo fuori giusto all'ottavo del primo tempo, per un pesante fallo subito dal francese Dimitri Payet. Ma "gli avevamo promesso che avremmo vinto", racconta il difensore portoghese Pepe "e abbiamo fatto in modo di vincere, per lui", con un gol di Eder al 109esimo dei tempi supplementari.

Raro supplemento della rivista francese FOOTBALL MAGAZINE sulla Coppa Europea delle Nazioni 1960. Unica documentazione conosciuta di tutti gli incontri della prima finale UEFA. DESTRA: il giocatore russo con maglia scura, Valentin Ivanov, durante URSS 3-Cecoslovacchia 0, 6 Luglio 1960. (cortesemente FOOTBALL MAGAZINE)

 Il precursore del Campionato Europeo moderno è considerato un torneo organizzato nel 1960 proprio in Francia, dopo la creazione nel 1954 della European Football Association (UEFA), il cui primo congresso fu organizzato a Vienna nel 1955. La finale fu giocata a Parigi, alle 21.30 del 10 Luglio 1960: l'Unione Sovietica vinse 2-1 ai supplementari contro la nazionale della Yugoslavia.

                                (cortesemente FOOTBALL MAGAZINE)

Il nuovo torneo accese l'entusiasmo di tutto il continente europeo. Dopo la seconda guerra mondiale l'Idea Europa aveva molti sostenitori, spinta anche dal progressivo sviluppo e boom economico. Il desiderio per la sua unificazione culminò poi nei Trattati di Roma, il 25 Marzo, 1957, le basi dell'attuale Unione Europea.

Molte grandi nazioni, come la Repubblica Federale Tedesca, l'Italia, l'Inghilterra e le altre associazioni britanniche che oggi siampo abituati a veder giocare, non si presentaro per le più varie ragioni. Tra queste la Guerra Fredda: ai quarti di finale, la Spagna, al tempo sotto la dittatura di Franco, rifiutò di confrontarsi con la sovietica URSS, che libera passò il turno fino a vincere proprio la finale.

Immagine scattata con una lente Tilt Shifts, che mostra lo stadio del Velodromo di Marsiglia il 21 Giugno 2016, durante l'incontro Ucraina e Polonia, Euro 2016. (AFP/Valery Hache)

Un tifoso del Galles festeggia la sua squadra con un petardo acceso in bocca, a Tolosa, sud della Francia, il 20 Giugno 2016, prima della partita Russia-Galles. (AFP/KILIC)

Un'unità dei vigili del fuoco spruzza acqua con i colori del Portogallo celebrando l'aereo che riporta a Lisbona la squadra nazionale, l'11 Luglio 2016 dopo la vittoria agli Euro 2016 (MOREIRA/AFP)

 

Fotografia não és visã
 "Ti fa tremare. Senti le vibrazioni del pubblico che urla o batte i piedi sugli spalti, e quando arriva l'onda dell'Ola, tutti alzano le le braccia o le abbassano, ed è una sensazione indescrivibile, come essere sospesi in un'emozione".

Fuochi d'artificio durante la cerimonia di chiusura delle Paralimpiadi Estive 2016 al Maracanã Stadium in Rio de Janeiro, Brazile, il 18 Settembre 2016 (© joaomaiafotografo)

Non esattamente descrivendo qualcosa che sta guardando, João Maia da Silva descrive bene l'atmosfera delle Paralmpiadi estive 2106, organizzate in Brasile, a Rio de Janeiro, dal 7 all' 18 Settembre scorso. Come molti altri fotografi, ha coperto infatti gli eventi dei 15° Giochi delle Paralmpiadi Estive, ma con una sottile differenza: Maia è purtroppo quasi cieco.

Un corridore non vedente, con la sua guida, compete nei 400 metri allo Stadio Olimpico di Rio de Janeiro, Brasile. Le guide sono presenti nelle competizioni di ciclismo, equestri, di calcio a cinque, triathlon e su gare su tracciati nei Giochi paralimpici. (fotografie © joaomaiafotografo)

 

In passato postino a San Paolo, João, perde la sua vista da ragazzo contraendo l'uveite, un'infiammazione nella retina dell'occhio, che limita pesantemente la sua capacità di vedere soltanto ad oggetti molto vicini, con colori e forme vaghe e nebbiose. Ma a guardare le sue foto, come quella dell'atleta di salto in lungo francese Marie-Amelie Le Fur mentre registra un nuovo record mondiale nella sua categoria, questa condizione non sembra impedirgli davvero di catturare incredibili immagini e istanti fotografici.

"Quando avevo 14 anni, mi sono innammorato della fotografia ma all'età di 28 anni ho perso la vista e questa cosa mi ha reso molto triste, convinto che non avrei più potuto fotografare.. ma trovai poi questi corsi speciali per persone disabili, così la mia passione è tornata, così come il mio sorriso.." spiega João, oggi 41 anni.

 

 Tutto inzia con una fotografia scattata con lo smartphone, e pubblicata sul suo Instragram account, che comincia a raccogliere parecchi consensi da tanti colleghi fotografi. Anche le edizioni colombiane e brasiliane del giornale ‘Metro’ durante le Olimpiadi mostrano il suo bellissimo lavoro, raccontando la sua storia.

                                     (fotografie © joaomaiafotografo)

C'è una parola che è anche una chiave per comprendere il suo mondo: per far foto usa sia una macchina professionale che un cellulare, ma "sul mio smartphone, posso accedere al comando vocale 'voiceover'. In qualsiasi momento premo il pulsante, ho una risposta audio che mi aiuta a configurare il flash, i formati della foto, la modalità di scatto, normale o video.. Questo è il tipo di Accessibilità che una persona con degli impedimenti visivi cerca".

 

Colori e suoni intorno a lui sono i suoi riferimenti. “Vedo il contrasto dei colori, qualsiasi cosa si muove ed è colorata mi da direzioni. Per esempio il blu con il bianco, il rosso con il bianco, il giallo con il nero, questo colpo di contrasto è ciò che mi guida insieme a quello che mi rimane della vista.. Uso anche tanto il mio udito.. come per il calcio a cinque e i suoi goal, seguo il suono della palla [che ha un dispositivo che emette un  suono al suo interno] per capire dov'è l'azione e scattare.."

Edizione di San Paolo del giornale 'Metro' del 6 Settembre 2016, con articoli sul lavoro di João Maia e copertina con una foto del nuotatore paralimpico brasiliano Daniel de Faria Dias (fotografie © joaomaiafotografo)

Ricardo Rojas, che lavora insieme a João e porta avanti un'iniziativa fotografica basata su cellulari smartphone, Superación-2016, spiega che “a dispetto delle sue difficoltà visive, lui riesce a catturare grandi momenti di sport, difficili da fotografare anche da coloro che possono usare la propria vista normalmente. E João fa questa cosa con un'incredibile spontaneità, è come se la fotografia sia lì, dentro di lui". Insieme a Leonardo Eroico, Ricardo rappresenta i suoi "occhi in prestito". Maia chiede poi un qualche tipo di aiuto a chiunque sia vicino a lui: per sapere informazioni circa l'ambiente intorno, o come gli atleti sono vestiti. Ma "senza di loro non riuscire a far nulla. Ricardo e Leonardo, mi aiutano con l'editing, che non potrei mai fare da solo, e aggiornano i miei social network con le mie foto" spiega João.

French Marie-Amelie Le Fur, medaglia d'oro al Salto in Lungo femminile alle Paralimpiadi di Rio, 2016 (© joaomaiafotografo)

 

"Fotografia non è semplicemente 'vedere' (fotografia não és visã). E' percezione, e ascolto, tatto.. è Accessibilità.. la mia vista è come un grande acquarello che io dipingo con i miei click.. E' Opportunità, per dire alla gente che io esisto, che sono qui.. Tutto quello di cui tu hai bisogno è la capacità di sentire.. ho sempre sognato di essere qui [alle Olimpiadi] e adesso ci sono, e mi sento di rappresentare tante persone, che come me non possono vedere normalmente.. Mi sembra come di rappresentarle tutte.. La gente deve capire che possiamo farcela, e noi dobbiamo credere in noi stessi e studiare per migliorare.. Questa è Inclusione..."

 Oggi l'account instragram di Maia conta oltre 8,000 followers. Il mio augurio per te João, continua per favore a nutrire il tuo spirito, grazie al tuo meraviglioso lavoro nello sport e oltre.

 

L'uomo che cambiò il suo nome

 La storia dello Sport, e la Storia in generale, potrebbero essere differenti oggi, se Joe Martin, un poliziotto locale di Louisville (Kentucky, USA), almeno in due occasioni, non avesse parlato a un giovane afro-americano, incontrato per caso durante gli anni '50 nella loro città. La prima volta, appena dopo che il ragazzo, all'epoca un magro bambino di 12 anni, si accorgesse del furto della sua bicicletta, spingendo il giovane a cercare un agente per giurargli che era pronto a 'gonfiare' il ladro: Joe, anche istruttore di boxe nella palestra del posto, gli suggerì però di imparare prima a combattere su di un ring. La seconda, quando lo stesso ragazzo, adesso un giovanotto di 18 anni, fu selezionato per competere ai Giochi Olimpici di Roma del 1960, parte del team statunitense di boxe. Solo un problema: il ragazzo era spaventato a morte dall'idea di volare, e insisteva di voler prendere un treno fino a Roma. "Tra gli USA e l'Italia c'è l'Oceano -gli spiegò Martin- se non prendi quell'aereo, bene, perderai l'occasione di diventare un grande pugile". Con riluttanza il giovane acconsentì, ma non prima di fermarsi ad un negozio di rimanenze militari, comprare un paracadute, e vestirlo per l'intera durata del viaggio, insieme a diverse preghiere.

Cassius Clay al suo angolo, con il team coach Julius Menendez durante l'incontro valido per la Medaglia d'Oro dei Massimi Superleggeri con il polacco Zbigniew Pietrzykowski al Palazzo dello Sport. Roma, Italia, 5 Settembre 1960. (Jerry Cook/Getty Images)

Cassisu Clay in azione durante l'incontro maschile per la Medaglia d'Oro dei Superleggeri, contro il polacco Zbigniew Pietrzykowski al Palazzo dello Sport di Roma, Italia, 5 Settembre 1960. (Jerry Cook/Getty Images)

“E così Cassius Marcellus Clay di Louisville seguì il copione di un altro Cassio, insanguinando il suo Cesare, anche se questo Cesare portava il nome non proprio latino di Zbigniew Pietrzykowski. Non un Romano, ma un superleggero polacco" (Arthur Daley, in [1]). Accadde giusto 56 anni fa, alla 'magnifica conclusione' delle Olimpiadi estive di Roma del 1960, raccontate come le prime dell'Era Moderna.

 Lo snello, pronto alla battuta, promettente e anche timido ragazzo era nato Cassius Marcellus Clay Jr. il 17 Gennaio, 1942, nella città razzialmente segregata di Louisville, ed è scomparso proprio quest'anno, il 3 Giugno 2016, in Scottsdale, Arizona. Raramente una personalità dello Sport è stato altrettanto influente e conosciuta fuori dal suo campo, trascendendo lo sport stesso e parlando e inspirando un numero così ampio di persone, dai giovani di tutto il mondo a celebrità di ogni livello.

(CENTRO e DESTRA) Rare fotografie dall'archivio del fotografo Lars Nyberg, che mostrano Cassius Clay durante i Giochi Olimpici di Roma, al peso prima di un incontro il 19 Agosto, e nel tempo libero, Roma, Italia, 1960 (Nyberg/GORDON PRESS)

Dopo essere diventato Medaglia d'oro olimpica dei Superleggeri, il suo primo riconoscimento internazionale, Clay debuttò come professionista contro Tunney Hunsaker il 29 Ottobre 1960, vincendo e stabilendo un record di 19 vittorie, di cui 15 KO, contro 0 sconfitte. Grazie alla sua notevole statura (1,91m), al suo fisico snello, sviluppò uno stile di boxe non ortodosso per un peso massimo, basato sulla velocità di piede, tenendo i pugni bassi, eludendo facilmente i colpi dell'opponente, ma veloce a colpirlo in risposta.

Dopo aver inizialmetne rinunciato ad un corso di fotografia, Howard Bingham (nato in Jackson, Mississippi, il 29 Maggio, 1939) venne assunto a lavorare in un quotidiano locale. Mentre lavorava nel giornale, incontrò per caso il giovane Cassius Clay. Tra i due scattò immmediatamente un'amicizia, durata poi tutta la vita. Bingham produsse quello che probabilmente è uno dei libri definitivi su Alì, “Muhammad Ali: A Thirty-Year Journey”, Simon & Schuster; (1st edition, October 7, 1993). SOPRA: Cassius Clay in posa con i bambini di della sua città natale Louisvilli, dopo essere tornato medaglia d'oro alle Olimpiadi di Roma nel 1960 (immagine cortesemente Howard Bingham).

Per il suo prossimo incontro Clay si trasferì per il suo allenamente a Miami, alla palestra Dundee’s 5th Street Gym, ora uno dei templi della boxe mondiale, con lo scopo di essere allenato dal leggendario trainer di origini italiane, Angelo Dundee (1921-2012), il coach che sarebbe rimasto al suo angolo per tutta la vita.

Muhammad Ali durante un'allenamento a Chicago, Usa, 1966, dal libro ‘BIG CHAMP’, di Thomas Hoepker

 

Ma la sua vera grandezza come combattente venne fuori il 25 Febbraio 1964, quando Cassius Clay, alla ricerca del suo primo titolo mondiale, si scontrò con il campione dei massimi Sonny Liston. Liston era considerato un instoppabile e temutissimo 'Tyson dei suoi tempi', con una storia complessa alle spalle, un ex carcerato con legami con la criminalità organizzata ma venuto fuori a suon di pugni da un infanzia di totale povertà. Clay al contrario era percepito come un giovane, e anche eccellente pugile, ma forse con una bocca più grande delle sue reali possibilità.

 

 Il 'Labbro di Louisville', come veniva chiamato dalla stampa, iniziò letteralmente a fare una campagna promozionale su ogni media potesse dargli spazio, primo per convincere Liston ad accettare di sostenere l'incontro, poi a provocarlo senza sosta, soprannominandolo "il brutto orso da stanare' e se stesso 'il Più Grande': "E' troppo brutto per essere il campione del Mondo, un campione dovrebbe essere bello almeno come me!". Nonostante fosse tutto una deliberata, e molto amata dalla stampa, stategia di uno sfidante, Clay era intimamente non così tranquillo circa l'incontro: "Quella è stata l'unica vera volta che io fossi spaventato di salire sul ring" spiegò più in là, "Sonny Liston. Prima round. Che dichiarava che mi avrebbe ucciso".

Ma nel famoso round numero 6 del combattimento, Clay provò ai suoi vari detrattori quanto fossero in errore: le sue spettacolari combinazioni di pugni alla sesta ripresa cambiarono il corso del match, bloccando Liston all'angolo all'inizio della settima, per una spalla ferita. "Non ho neanche un segno sulla mia faccia ! Ho appena compiuto 22 anni ! Sono destinato ad essere il Più Grande ! Ho scosso l'intero Mondo!" urlò sul ring, dichiarando di citare Giulio Cesare. La sua impossibile vittoria su Liston, non solo rivoluzionò il mondo della boxe, ma influenzò l'umore di una intera nazione.

Muhammed Ali dopo aver messo a tappeto Sonny Liston al primo round durante il loro secondo incontro per il Titolo Mondiali dei Supermassimi alla St. Dominic's Arena in Lewiston, Maine, il 16 Novembre 1965. Probabilmente la foto più iconica di tutta la sua carriera, dove Ali vinse in meno di tre minuti, è spesso maleinterpretata come Ali esultante della sua vittoria, quando invece sembra fosse arrabbiato che il suo famose e ancora dibattuto 'pugno fantasma' avesse steso al tappeto così facilmente Liston, urlandogli "Alzati e combatti, perdente!". La foto venne scattata nello stesso istante da due fotografi, uno vicno all'altro: John Rooney e Neil Leifer, l'unico che scattò una foto a colori quella notte.

 

Profondi cambiamenti erano in corso durante tutto il 1964, negli USA: il Presidente John F. Kennedy era stato assassinato l'anno prima, scontri razziali erano inziati per tutta la nazione, movimenti per i diritti civili stavano nascendo tra gli studenti, mentre il conflitto in Vietnam cominciava ad attrarre l'attenzione pubblica. Alla conferenza stampa che seguì la vittoria, l'appena prima spaccone, improvvisamente dichiarò la sua conversione alla religione Islam e che avrebbe cambiato il suo nome da Cassius Clay a Muhammad Ali, un nome suggeritogli da Elijah Muhammad, leader del gruppo Nation of Islam, motivando la sua scelta così:“Cassius Clay è il nome che venne dato da padroni bianchi ai miei avi. Io non l'ho scelto e non lo voglio. Sono Muhammad Ali, un nome libero - esso significa amato da Dio, e insisto che le persone lo usino quando si rivolgono a me"

Muhammad Ali arriva alla casa di Elijah Muhammad, leader del Nation of Islam, a Chicago, il 24 Febbraio 1965. (AP Photo/Paul Cannon, dal libro “Muhammad Ali: Athlete of the Century”, una collezione delle storie e di immagin dell'Associated Press circa il campione di boxe)

 

Ali era venuto in contatto precedentemente con il gruppo Nation of Islam (anche conosciuti come Black Muslims), un gruppo politico le cui convinzioni erano controverse e radicali, sostenendo un separatismo nero dai bianchi. Ma il giovane Cassius, che conosceva direttamente cosa fosse la segregazione razziale, aveva forse percepito un senso di potere e di giustizia nelle prediche di Elijah. Invitato ad un congresso dei Black Muslim, fu però soltando dopo aver incontrato Malcom X il 10 Giugno, 1962 in una diner di Detroit, che il giovane pugile fu toccato in profondità da tutto questo.

Pochi anni dopo, nel 1967, Ali rifuta la chiamata di leva dell'esercito statunitense: "Non ho nessun particolare problema personale con questi Vietcong.. perchè mi si chiede di indossare un'uniforme, viaggiare 10,000 miglia da casa e sganciare bombe e proiettili sulla gente in Vietnam, mentre i cosddetti 'negri' in Louisville sono trattati peggio che i cani?". Per queste dichiarazioni, e per l'atto stesso, il 20 Giugno 1967, Ali fu giudicato colpevole per diserzione, e condannato a 5 anni di prigione, con una multa di 10,000 $ e bandito per tre anni dalla boxe, con titolo mondiale cancellato.

Copertina del numero di Aprile del 1968, della rivista ‘Esquire’ concepita da George Loi che ritrae il pugile musulmano Muhammad Ali come San Sebastiano martirizzato, un soldato Romano che fu ucciso trafitto dalle frecce per essersi convertito al Cristianesimo, in famoso dipinto del pittore italiano del 15° secolo Francesco Botticini. In conseguenza al suo rifiuto di ottemperanza al servizio militare, come obiettore di coscienza per motivazioni religiose, Ali fu condannato e indicato come un traditore della patria.

 

 La sentenza fu particolarmente dura, per assicurarsi che egli non divenisse un esempio da imitare, ma la sua condanna generò anche un nuovo orizzonte globale del movimento anti-militarista. Appellando il caso, Ali riusci ad evitare il carcere e nei successivi tre anni una petizione in sua difesa collezionò oltre 20.000 firme, per il restauro del suo titolo di campione dei pesi massimi, mentre in molte nazioni, come in Guyana, Pakistan, Gran Bretagna ed Egitto, proteste individuali o di gruppo contro la sentenza cominciarono ad organizzarsi.

 

 Fino al 29 Giugno 1971, anche grazie al mutato clima generale nei confronti della guerra in Vietnam, la Corte Suprema degli Usa annullò la sua condanna di diserzione. "Alcune persone mi vedevano come un eroe. Altri sostenevano fossi in errore. Ma ogni cosa che ho fatto era in acccordo con la mia coscienza. Non cercavo di essere un leader. Volevo solo essere libero. E ho portato l'attenzione generale su problemi che non riguardavano solo le persone di colore, ma tutti coloro che subivano discriminazioni di qualunque genere".

 Appena prima della decisione finale della Corte, l'8 Marzo dello stesso anno, Ali riceve però il permesso di salire nuovamente sul ring per combattere nell'incontro che divenne famoso come 'La Sfida del Secolo' ('The Fight of the Century'). Un evento che polarizzò un grande interesse popolare, ma che per Ali rappresentò una delle sconfitte più brucianti, battuto, nonostante avesse dominato l'incontro per i primi tre match, per KO del giovane, tenace e feroce campione dei pesi massimi Smokin’ Joe Frazier. Tre anni dopo, il 24 gennaio 1974 al Madison Square Garden di New York, Ali si prenderà una rivincita, sconfiggendo a punti Frazier al dodicesimo round, in un incontro però non valido per il titolo.

Ma l'impossibile prende corpo di nuovo il 30 ottobre 1974: un dato per perdente Muhammad Ali, riconquistò la sua cintura di Campione dei Pesi Massimi in quello che divenne "probabilmente il più grande evento sportivo del 20° secolo". Organizzato allo Stadio Tata Raphaël in Kinshasa, Zaire (attuale Congo), lo scontro di Ali contro il campione in carica George Foreman fu altamente promosso da Don King come 'The Rumble in The Jungle' (Il rombo nella giungla).

L'evento, trasmesso in tutto il mondo in diretta, ebbe un enorme impatto culturale: uno spettacolo tra due giganti neri, per un pubblico africano di 60.000 persone, combattendo nel cuore dell'Africa sotto l'occhio di un arbitro nero, e con un imponente festival musicale con star africane e afro-americane ad introdurlo. Ali, visto dalla popolazione locale come un eroe della redenzione nera, fu calorosamente benvenuto dalla popolazione locale, che lo supportava al grido "Ali Bomaye!", che significava "Ali uccidilo!" nella locale lingua Lingala: Foreman, anche lui nero, fu invece percepito distante dalle sue radici africane.

Il libro del fotografro Abbas, Agenzia Magnum, sull'incontro 'Rumble in the jungle': “Ali, le Combat“, Editions Sonatines, Paris 2011.

Una fotografia riprende dall'alto il conteggio dell'arbitro per Foreman al tappeto dopo il KO subito da Ali all'8° ripresa alllo Stade du 20 Mai, in Kinshasa, Zaire, 30 Ottobre, 1974 (Neil Leifer /Sports Illustrated)

 In un drammatico cambio di tattica, per il combattimento in Zaire Ali adottò la tecnica della 'rope a dope' ('la droga della corda'), per cui assorbì i colpi del suo opponente rimanendo per tutto il tempo stretto in difensiva alle corde, addirittura incitandolo, fino a quando lo sfiancamento di Foreman gli permise un contrattacco formidabile. La vittoria di Ali fu un nuovo shock, ma negli anni successivi lui e Foreman divennero addirittura amici.

 

Un anno più tardi, l' 1 ottobre 1975, Ali incontrò Joe Frazier per un terzo e ultimo combattimento nelle Filippine, intitolato "Thrilla in Manila”.

 Preparandosi all'incontro, Ali ingaggiò Frazier in un noto e celebre continuo scontro verbale, a cui non fece mancare insulti come chiamandolo 'il brutto gorilla' (“It will be a killa … and a chilla … and a thrilla … when I get the gorilla in Manila.”). I due, una volta amici, divennero irriducibili nemici. Ali tornò Campione del Mondo, in uno dei più brutali match che la storia del pugilato ricordi, vincendo al 14esimo round, per KO tecnico di Frazier, contro la stessa volontà di Smokin Joe, fermato all'angolo dal suo allenatore, tali erano le condizioni in cui era ridotto. Ma nell'intervista immediatamente dopo il match, lo stesso Ali, altrettanto pesantemente provato e quasi impossibilitato a camminare, dichiarò il combattimento essere stato "la cosa più vicina alla morte" che avesse mai provato, e che Joe Frazier fosse " il più grande combattente di tutti i tempi dopo di me".

Il pugile Ken Norton insegue scherzosamente Muhammad Ali per il campo dello Yankee Stadium. Norton perse il titolo con Ali allo stesso stadio il 28 Settembre 1976. (Marty Lederhandler/AP Photo)

 

Abile a rimanere campione, nonstante la relativa età avanzata per un boxer, fino al 1978, quando viene sconfitto da Leon Spinks, Ali riguadagnò il titolo per un incredibile,  senza precedenti nella storia della Boxe, terza volta, sconfiggendo lo stesso Spinks in un secondo incontro. Gli ultimi, probabilmente troppo tardivi, match furono più infruttuosi, perdendo nel 1980 con Larry Holmes e nel 1981 con Trevor Berbick.. Ma lasciato il ring fu l'unico campione dei massimi con titolo conquistato per ben tre volte, e un record di 56 vittorie e solo 5 sconfitte (per 3 KO).

Muhammad Ali mostra alla madre Odessa Clay una nuova Cadillac rosa. L'acquisto per i suoi genitori seguì alla vittoria del suo primo incontro professionale nel 1960. (Jean A. Baron, The Courier-Journal, USA TODAY Sports)

 

 Nel 1984 Ali dichiarò pubblicamente di essere afflitto dalla sindrome di Parkinson, quello che autodefinì la sua 'prova', la sua ultima sfida. A lungo si è dibattuto se questa malattia degenerativa fosse stata causata dalla violenza oltre i limiti negli scontri nella seconda parte della sua carriera, oppure avesse altre remote origini. Ma per il suo eccezionale attivismo nelle battaglie per i diritti civili e per la sua incredibile carriera, e anche per essere un musulmano, Ali divenne ambasciatore delle Nazioni Unite, rappresentando la UN e anche gli USA, in crisi militari e delicate fasi politiche, come il post 11 Settembre.

 E anche questa sua ultima, estrema, battaglia -che non fece che aumentare l'ammirazione del Mondo verso di lui- in qualche modo assorbì anche le contraddizione dello stesso Ali: come "essere coinvolto in enormi profitti da e per governi dittatoriali fuori gli Stati Uniti, o la disparità tra il suo essere una icona liberal e membro di un gruppo fondamentalmente conservatore come il Nation of Islam" [2], o il mobbing contro lo stesso Frazier, ai limiti del razzismo (di cui però Ali nel tempo si scusò).

 Ma "egli incoraggiò milioni di persone a credere in se stesse, ad inseguire le loro aspirazioni e a realizzare cose che altrimenti non avrebbero pensato di poter realizzare. Non è stato soltanto qualcuno in prima linea per i diritti dei neri americani. Egi si è esposto per chiunque. E questa è l'importanza di Muhammad Ali" (Thomas Hauser [3]).

 Ed ecco l'unica cosa che sarebbe davvero impossibile, in tutte queste storie.. non omaggiare Ali, nell'anno della sua morte, e spiriti come lui..

 

 Tempi oscuri sono alle porte ? Bene, ci sarà da divertirsi.

 

'To make America the greatest is my goal,
So I beat the Russia, and I beat the Pole,
And for the Usa I won the Medal of Gold.
Italians said, “You’re greater than the Cassius of Old.
We like your name, we like your game,
So make Rome your home if you will”.
I said I appreciate your kind hospitality
But the Usa is my country still                                         

Cause they waiting to welcome me in Louisville'                                                                       

Cassisu Clay, dopo la Medaglia d'Oro ai giochi di Roma nel 1960

 

 

 

 

'Fare l'America più grande è il mio scopo /così ho sconfitto il russo e poi il polacco / e per gli Usa ho vinto la Medaglia d'Oro / gli Italiani mi hanno detto 'Tu sei più grande del primo Cassio / Ci piace il tuo nome, ci piace il tuo gioco / fai qua a Roma la tua casa' / Ho risposto che apprezzo l'ospitalità gentile / ma gli Usa sono ancora la mia nazione/ E che mi aspettano a Louisville per festeggiare'

 

 

 
REFERENZE/LINKS                                                                                                   

 * "Se per caso stai sognando di potermi battere, è meglio che ti svegli e chiedi scusa" (If you even dream of beating me, you’d better wake up and apologize)  è un modo di dire nella boxe, reso famoso da Muhammad Ali, che lo disse in più di un occasione a proposito di Joe Frazier nel Settembre 1968: "Se Joe si fosse anche solo sognato di potermi battere, meglio che si svegli e chieda scusa"(“If Joe ever dreamed that (beating me—ed.), he’d wake up and apologize”)

[1] https://www.theguardian.com/sport/london-2012-olympics-blog/2012/mar/07/stunning-olympic-moments-cassius-clay
[2] https://www.gilderlehrman.org/history-by-era/civil-rights-movement/essays/importance-muhammad-ali
[3]      http://www.espn.co.uk/sports/boxing/ali/news/story?id=2236712


SULLA UEFA
Sito ufficiale Uefa website, con accenni alla sua storia:

http://www.uefa.com/uefachampionsleague/history/background/index.html

SU JOAO MAIA DE SILVA
Il suo account Instragram: https://www.instagram.com/joaomaiafotografo/
 
Citazioni da João Maia da Silva: http://www.bbc.com/news/disability-37385665
 
SU MUHAMMAD ALI
  Sito ufficiale: http://muhammadali.com/

  Circa la storia di Cassius Clay/Muhammad Ali story, le fonti sono state diverse, tra queste alcune interessanti on line:
 
https://www.theguardian.com/sport/london-2012-olympics-blog/2012/mar/07/stunning-olympic-moments-cassius-clay
 
http://bigstory.ap.org/article/533ad67619d64324a34ab609e74d604c/how-muhammad-ali-decided-his-new-name
 
http://www.couriermail.com.au/sport/boxing-mma/the-fight-that-changed-the-world-50-years-since-cassius-clay-beat-sonny-liston/story-fnii0bqi-1226837093985
 
http://www.newyorker.com/magazine/1998/10/12/american-hunger

 

- ALCUNI LIBRI SU MUHAMMAD ALI & ALTRO:

King of the World: Muhammad Ali and the Rise of the American Hero, David Remnick, Picador Classic, 1999

Muhammad Ali: His Life and Times, by Thomas Hauser, Simon&Schuster Paperbacks, 1992

 

Al Satterwhite, fotogiornalista di Palm Beach, in Florida, sotto assignment nei '70 per varie riviste incontrò Muhammad Ali e Arnold Schawarznegger durante i loro rispettivi training. il risultato è questo libro fotografico pubblicato l'anno scorso. Titans 2015, Dalton Watson Editons.